EXPO 2010, IL GOVERNO: SIAMO RIUSCITI A FARCI CONOSCERE MEGLIO DAI CINESI
Le voci italiane a Shangai Cocciante dal vivo dopo 13 anni. Poi toccherà a Baglioni dall'inviato Andrea Gandolfi SHANGHAI - Ieri sera il concerto di un emozionatissimo Riccardo Cocciante all'Opera Hall dello Shanghai Oriental Art Center, a 13 anni di distanza dall'ultima esibizione live (mentre venerdì sarà la volta di Claudio Baglioni , che ha chiesto espressamente di poter mettere anche la sua voce al servizio del 'marchio-Italia' alla conquista di Expo 2010) è stato il nuovo omaggio musicale in cartellone per il Padiglione tricolore; dopo quelli di Uto Ughi ed Ennio Morricone , il Teatro Regio di Torino e l'Orchestra Filarmonica della Scala, solo per citare alcuni degli spettacoli più apprezzati. Nella rappresentanza italiana che si appresta a ricevere il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano , atteso a Shanghai per giovedì, gli ultimi giorni dell'Expo scivolano via nell'atmosfera frizzante e soddisfatta di quello che sempre più appare un grande 'successo annunciato'. «C'era bisogno di farsi conoscere più e meglio dai cinesi, e posso dire che ci siamo riusciti», aveva spiegato ieri il commissario generale del governo Beniamino Quintieri . Ma anche la grande megalopoli asiatica - 21 milioni di abitanti ed una crescita vorticosa, cui l'esecutivo centrale ha impresso una forte accelerazione sin dal 1993 - punta molte carte sull'Expo dei record per aumentare la sua popolarità presso il grande pubblico internazionale. La facciata scintillante e coreografica della skyline di Pudong, il fascino della città vecchia e il misticismo comunque intriso di affari dei grandi templi buddisti non bastano però a nascondere le inevitabili piaghe di una città che concentra tutto il suo benessere al centro; ed in certe zone dell'immensa periferia livida di smog, povertà e abitazioni più somiglianti a catapecchie nasconde invece il lato di gran lunga meno attraente per i turisti-consumatori. E' un messaggio di potenza destinato al resto del mondo, ma cerca anche di essere un paravento l'Expo 2010; titanica impresa nella quale tutti gli abitanti della città si sentono in qualche misura coinvolti: dall'esercito di volontari che si prestano per fornire informazioni ai visitatori, agli esercizi commerciali tappezzati con il logo-slogan della manifestazione (Better city, better life). Neppure l'ingresso del maestoso Tempio del Budda di Giada - assediato da mendicanti, occupato da banchetti di souvenirs, e con i monaci impegnati in celebrazione per benedire la Mercedes nuova fiammante del potente di turno - può sottrarsi a questa generale chiamata alle armi: ovunque bandiere cinesi e dell'Expo, come a voler ribadire la più assoluta identificazione e consonanza di interessi. Nei mercatini e nei negozilaboratorio clandestini che spuntano in fondo a vicoli o dentro appartamenti dai quali non ci si aspetterebbe nulla, intanto, dilaga la vendita dei falsi; o dei capi di 'seconda linea', prezzi fin troppo convenienti per la qualità e lo stile di cui possono andare giustamente orgogliosi. L'ennesima beffa per il made in Italy che la nostra partecipazione all'Expo voleva e vuole promuovere. A poca distanza dal padiglione della genialità italiana e del suo inarrivabile artigianato, nel quale la liuteria cremonese anche qui è grande protagonista, la battaglia contro i sottoprodotti che sottraggono al Paese quote crescenti di export e reputazione sembrainevitabilmente perduta.
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