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«Volevo smettere. Ma resto ConVoi» Claudio Baglioni : un disco di inediti dopo 10 anni e un momento di crisi Andrea Spinelli ROMA IL MONUMENTO al Pincio può aspettare. Claudio Baglioni ammette, però, che l'idea di dimettersi da cantautore l'ha carezzata per davvero «e senza tanti piagnistei». «Due anni fa, con la reincisione dell'album "Questo piccolo grande amore", ho pensato di aver chiuso il cerchio della mia carriera» spiega il 62enne più amato dalle italiane. «Ma avevo da parte così tante cose che mi è sembrato un peccato dimenticarle in fondo ad un cassetto». Da questo ritorno di fiamma è nato "ConVoi", primo album d'inediti dal 2003, che l'idolo di Montesacro ha voluto anticipare in questi mesi affidando ad iTunes un inedito ogni due settimane, come se si trattasse di una collezione di 45 giri. «LA REALIZZAZIONE del nuovo album mi ha divorato l'anima come ventiré anni fa quella di "Oltre". Ricordo che finite le registrazioni scappai, ma dopo tre mesi gli uomini della casa discografica vennero a prelevarmi per farmi lavorare. Stavolta non è andata molto diversamente, tre settimane fa sono caduto vittima della depressione ed ora sono qua solo perché me lo chiede la Sony. In "ConVoi" tutto nasce da un'idea di condivisione, ma anche di viaggio, di vita, di movimento alla ricerca di quel Santo Graal o di quel Far West che ci portiamo dentro». Il fluido pop di certi inni generazionali degli anni Settanta fatica un po' a venir fuori da queste dodici canzoni. Ma c'è. "Una storia vera" echeggia il Claudio di un tempo, "Come un eterno addio" tira fuori un'inusitata "alma" tanguera, "Dieci dita" strizza l'occhio ai Procol Harum, "Gli anni della giovinezza" cita (a suo modo) i Canti carnascialeschi di Lorenzo De' Medici. Oggi le storie cantate da Baglioni non hanno la levigatezza di quelle inventate ma, piuttosto, come scriveva Hesse, sanno «di sogno e di follia, come la vita di tutti gli uomini che non intendono più mentire a se stessi». Anche perché in questi 10 anni fra raccolte, album dal vivo, inni olimpici, film e quant'altro, di pretesti per procrastinare il fatidico appuntamento col successore di "Sono io, l'uomo della storia accanto" Claudione, come lo chiama Fazio, se ne è fabbricati a quintali. E, fosse stato per lui, avrebbe probabilmente aspettato ancora un po'. «DA QUALCHE tempo la parola "incisione" comincia a darmi il senso di epitaffio, di scritta sulla lapide che rende finito quel senso d'infinito che l'artista si porta dentro», dice. Pubblicato lo scorso 8 luglio durante la visita di Papa Francesco a Lampedusa, un altro pezzo dell'album, "Isole del Sud", parla d'immigrazione. «Come musicista sono orgoglioso di quanto realizzato per dieci anni alle Pelagie con concerti di "O Scià", ma come cittadino sono scoraggiato dalle mancate risposte al dramma dell'immigrazione da parte della politica». Per Baglioni tour a marzo, senza prima rinunciare gli ormai tradizionali appuntamenti di fine anno con l'one man show "Dieci dita" (dal 3 al 5 gennaio a Milano, agli Arcimboldi).

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