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«Basta pensare global, piccolo è meglio» RENATO TORTAROLO «Basta pensare global, piccolo è meglio» costume >> PAG. 30 «NON rimpiango nulla ma forse, quando ho deciso di uscire da un forte isolamento, ho un po' esagerato». Per Claudio Baglioni, 62 anni, romano, principe della canzone d'autore romantica, il tempo personale va più veloce di quello dei fans. Che da domani potranno scaricare su iTunes l'inedita "L'ultima cosa che farò". La vera novità, però, è che in due mesi appena di inediti sotto la sigla di un progetto che non è propriamente un album, "Con voi", ne ha sfornati sei. Nemmeno ai tempi dei 45 giri c'era tanta abbondanza. Gli altri sono: "E noi due là", "Isole del Sud", "E chi c'ammazza", "Dieci dita" e "Con voi". Baglioni, l'ultima cosa da fare mi sembra un po' ultimativo ... «Perché fortunatamente, nel senso generale di oppressione e di assenza di futuro, si comincia a sentire una svolta. Come un'ultima missione, una ribellione finale...». Lei però torna a una formula che ricorda i gloriosi 45 giri... «Diciamo che sto cercando una casa a queste canzoni. E insieme al pubblico cerco quell'esistenza comune che invece oggi è legata all'ego: siamo schiavi dell'ineluttabilità. Non ci sono più grandi slanci...». Nemmeno quando Papa Francesco è venuto a Lampedusa? «Quella è una semplicità planetaria. Ho sentito un artista brasiliano specializzato in sculture di sabbia che diceva: sto aspettando il Papa, il maestro del mondo». D'accordo, ma lei cosa ha provato? «Come veder riaprire un posto chiuso da tempo: si prova l'emozione di un nuovo annuncio, qualcosa da seguire con rispetto». Cosa la spaventa o detesta? «Le solite cose, già dette e sentite, sulla crisi. Che non è solo economica ma di prospettive. Non mi piace lo stato di infelicità cronica mondiale. E la globalizzazione che ci fa tendere a una descrizione apocalittica del presente, a un futuro claustrofobico». Per questo motivo una canzone s'intitola "Con voi", intesi come fans? «Sì, è naturale che pensi alle persone che mi sono state più vicine in questi anni. Aldilà di atteggiamenti trionfalistici e ruffiani, non è possibile aver raggiunto davvero tutti quelli che ti hanno ascoltato...». Così qualche mese fa ha pensato di smettere... «Sì, volevo dedicarmi ad altro. Sentivo che un certo percorso era finito. Poi ho riflettuto che bisogna voler bene a tutti, non solo a quelli che la pensano come te. "Con voi" per assonanza richiama la parola "convoy", convoglio. Viaggiare insieme...». E torniamo a Lampedusa... «Guardi, a 62 anni le emozioni forti non mi sono mancate. È vero che il secolo del romanticismo è lontano, ma si deve ripercorrere quella strada. Non vorrei essere retorico ma il Papa ci sta insegnando che sorprendersi è ancora bellissimo». In vent'anni lei è passato dall'isolamento alla disponibilità mediatica. Ha fatto bene? «Qualcosa di meno sarebbe stato meglio. C'è chi sostiene addirittura che cantautori e compositori sarebbero più apprezzabili per ciò che buttano. E non per ciò che fanno. Ma negli anni Novanta ho creduto davvero a una certa visibilità». Anche senza averne bisogno? «Però puoi sempre perderla, no? Parlando di Gaber, qualche giorno fa, dicevo che la caratteristica di noi nasoni , che da ragazzini ci vergognavamo di occupare lo spazio altrui, è di metterlo poi dappertutto». Come cercare nuovi modi di vendere musica e dischi? «Le ripeto, rovesciare il tavolo delle regole mi diverte. Che lo faccia un artista giovane è un conto ma per un veterano, mi creda, è più difficile. Ero stufo di sentire l'elogio funebre a questo mestiere, ai cd». E il pubblico come l'ha presa? «Penso bene, visto che se a me sembra di aver riacquistato il tempo, con tutti i commenti che arrivano subito, penso di averlo restituito anche a chi ascolta. Perché il tempo dell'attesa è importante». A Ferragosto canta a Monte Carlo... «...e prima del concerto me ne starò chiuso in camera tutto il giorno. Non sono glamour. Sono rimasto il ragazzo di periferia di un tempo. Non frequento vip, quelli che contano. Gli autoreferenziali. Insomma, sono ancora quello di ieri».

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